Tecnologia assistiva: nuovo impianto consente ad una donna cieca di vedere

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È passato più di un decennio da quando le retine artificiali hanno iniziato ad aiutare i non vedenti a vedere. Però, per molte persone la cui cecità ha origine oltre la retina, la tecnologia non è ancora all’altezza. Ma, una nuova ricerca fuori dalla Spagna potrebbe offrire delle speranze.

15 anni dopo aver perso la vista, Bernardeta Gómez, che soffre di neuropatia ottica tossica, ha usato la tecnologia sperimentale per riconoscere luci, lettere, forme, persone e persino per giocare a un videogioco inviato direttamente al suo cervello tramite un impianto.

Secondo il MIT Technology Review, Gómez ha iniziato a lavorare con i ricercatori alla fine del 2018. Nei sei mesi successivi, ha trascorso quattro giorni alla settimana ad impostare la tecnologia e testarne i limiti. Il sistema, sviluppato da Eduardo Fernandez, direttore del neuroingegneria all’Università di Miguel Hernandez, funziona così.

Una fotocamera incorporata in un paio di occhiali spessi registra il campo visivo della Gómez e lo invia a un computer; questi traduce i dati in impulsi elettrici che il cervello può leggere e li inoltra a un impianto cerebrale mediante un cavo collegato a una porta nel cranio. L’impianto stimola i neuroni nella corteccia visiva della donna, che vengono interpretati dal suo cervello come informazione sensoriale in arrivo. La Gómez percepisce una rappresentazione a bassa risoluzione dell’ambiente circostante sotto forma di punti gialli e forme chiamati fosfeni che ha imparato a interpretare come oggetti del mondo che la circonda.

La tecnologia è ancora alle prime fasi; la Gómez è la prima persona a testarla, ma il team di ricerca mira a lavorare con altri cinque pazienti nei prossimi anni. Alla fine, Fernandez spera che i suoi sforzi possano aiutare a riportare la vista a molte altre persone non vedenti del mondo.

Non è la prima volta che i ricercatori usano la tecnologia per aiutare i non vedenti a vedere di nuovo. Circa due decenni fa, l’Artificial Retina Project ha riunito un certo numero di istituti di ricerca per sviluppare un dispositivo per le persone che soffrono di malattie che distruggono la retina. Il lavoro ha portato ai sistemi Argus che, come il sistema di Fernandez, utilizzano una fotocamera montata su occhiali, un computer per tradurre i dati sensoriali e un impianto con una serie di elettrodi incorporati nella retina anziché nel cervello.

Nel corso di un decennio, i ricercatori hanno sviluppato i sistemi Argus I e Argus II, li hanno sottoposti a prove sugli esseri umani e hanno ottenuto l’approvazione in Europa (2011) e negli Stati Uniti (2013) per vendere i loro occhi bionici a soggetti idonei.

Secondo il MIT Technology Review, oggi sono circa 350 le persone che usano Argus II, ma la società che commercializza i dispositivi, Second Sight, è passata dalle retine artificiali al cervello stesso perché molte più persone, come Gómez, soffrono di danni ai percorsi neurali tra gli occhi e il cervello.

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