All’indomani di un convegno come “Il Riscatto di Afrodite”, organizzato dall’associazione Habilia Onlus presieduta da Vito D’Aloisio, in collaborazione con il Comune di Firenze Q5, l’associazione toscana Paraplegici Onlus, il Centro di Riabilitazione Villa Il Sorriso, il Comitato LoveGiver e Il Disability Pride Italia, l’impressione ricavata è che non vi sia più tempo.
Tempo per rimandare un cambiamento di visione, sui corpi e sui bisogni delle persone con disabilità a 360 gradi. E’ tempo, e siamo già indietro, di promuoverlo, in maniera decisa e decisiva,
“Non bisogna confondere la causa con l’effetto – sottolinea Tania Sabatino, sociologa e dottore di ricerca in diritto ed istituzioni sociali -. I bisogni delle persone con disabilità, incluso quello alla sessualità, non sono bisogni speciali, ma sono bisogni che appartengono all’essere umano in quanto tale e che includono ma superano decisamente quello della mera soddisfazione genitale ed incrociano i temi della tutela della dignità umana, dello sviluppo identitario, dell’implementazione dell’intelligenza emotiva e del sentimento di autoefficacia”.
Sembrerebbe dunque chiaro che l’immobilismo, le attese non giovano ad un cambiamento di orizzonte “vitale”, perché quando si parla di sessualità si parla della possibilità di nutrire o deprivare un individuo della propria energia vitale, secondo quanto ribadiscono gli esperti.
Secondo quanto messo in luce da Carmelo Comisi, promotore del Disability Pride Italia, Il triste e difficile mondo delle persone con disabilità è vasto, le patologie fisiche e psichiche esistenti sono davvero tante, ma c’è un leit motiv che accomuna la stragrande maggioranza di queste ultime: una sessualità spesso frustrata e frustrante.
Nelle parole di Carmelo Comisi emergono sentimenti e realtà dolorose e “scottanti” secondo quello che sembrerebbe essere il sentire comune.
“Non penso assolutamente di dire qualcosa di strano nell’affermare che per una persona con disabilità è difficile, e molto spesso impossibile, avere una vita sessuale attiva. In alcuni casi, se il tipo di disabilità lo permette, per rimediare al problema, si fa ricorso all’autoerotismo, in altri casi, quando il deficit è così grave da non permettere l’uso delle mani, si pratica la forzata astinenza. Questa ovviamente è la regola, che però, in svariate occasioni, viene trascesa, facendo ricorso a pratiche ritenute “illegali” o “immorali”.
Infatti, com’è noto, per il nostro sistema legislativo è illegale ricorrere al mercato della prostituzione e, per i nostri costumi, è immorale la risoluzione ‘casalinga’ del problema… Quest’ultima e aberrante opzione è una delle conseguenze derivate dalla mancata risposta ‘istituzionale’ al problema… Insomma, le persone con disabilità e le loro famiglie sono lasciate sole, con questo grosso fardello, e si trovano costrette a delle scelte difficili da compiere, ma necessarie per il bene dei diretti interessati…”
Come evidenziano Maximiliano Ulivieri e Fabrizio Quattrini del Comitato LoveGiver “L’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità (OAES) ha dunque una preparazione adeguata e qualificante e non concentrerà esclusivamente l’attenzione sul semplice processo “meccanico”. Promuoverà attentamente anche l’educazione sessuo-affettiva, indirizzando al meglio le ‘energie’ intrappolate all’interno del corpo della persona con disabilità”.
Secondo quanto evidenzia lo stesso Maximiliano Ulivieri benché l’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità (OAES), una figura che al momento è formata e coordinata dal comitato italiano LoveGiver, non rappresenti La soluzione per eccellenza, esso costituisce una possibilità di soddisfazione di un bisogno che attualmente appare costretto a rimanere scoperto e che, alla prova dei fatti, può ingenerare compulsione e situazioni di bruciante disperazione.
“Una possibilità – continua Ulivieri – cui si può scegliere di ricorrere o meno. Vivere questa esperienza è decisione personale dei singoli soggetti. Decisione che non può e non dev’essere presa da altri. D’altra parte, si può lavorare su di una visione più ampia dei corpi e della sessualità. Visione che progetti come quello del calendario possono aiutare a svilupparsi più rapidamente.
Ed infatti, il calendario “Il riscatto di “Afrodite”, realizzato dalla nota fotografa Tiziana Luxardo in collaborazione con Codacons, che ha saputo “guardare” questi corpi e mostrarli agli altri con rara sensibilità ed occhi discreti, accarezza corpi desideranti e desiderabili.
Corpi spesso più fragili ma che parlano di bellezza e di “contatto”.
Uno degli obiettivi è proprio quello di scardinare lo stereotipo che “ingabbia” le persone con sessualità in una visione che le condanna ad essere eterni bambini, privi di desideri sessuali o comunque incapaci di gestire tali pulsioni in maniera adeguata
Secondo quanto proposto nel progetto proposto dal Comitato LoveGiver l’assistente affettivo-sessuale, in base alla propria formazione, sensibilità e disponibilità potrebbe contribuire a far ri-scoprire tre dimensioni dell’educazione sessuale. Ludica, per scoprire il proprio corpo. Relazionale, per scoprire il corpo dell’altro. Etica, per scoprire il valore della corporeità
Quando si parla della possibilità concreta, secondo quanto ribadisce Tania Sabatino, di “giocarsi” la propria partita esistenziale, anche potendo esprimere e sviluppare la propria dimensione affettiva e sessuale, si parla della possibilità reale di partecipazione sociale e dell’effettivo esercizio del diritto di cittadinanza. In senso più ampio, dunque, non si può non ricollegare il tema dell’espressione affettivo sessuale, negli imprescindibili presupposti e nelle inevitabili conseguenze, a quello della realizzazione di percorsi di integrazione sociale, da rendere possibili non solo a livello formale, a parole, ma anche nei fatti, sul piano concreto e pratico.
“La sessualità è anche un bisogno esistenziale – si legge in una nota di Paolo Valerio, direttore del Centro SInAPSi (Servizi per l’Inclusione Attiva e Partecipata degli Studenti) dell’Università degli Studi Federico II – certamente connotato da una particolarità: quando non si può realizzare in maniera autonoma, come nel caso di alcune gravi forme di disabilità, richiede necessariamente la partecipazione attiva di un’altra persona, ed ecco che inevitabilmente si instaura una relazione interpersonale, intima che, nel caso di una persona con disabilità, rischia, sia pure involontariamente, di trasformarsi in relazione affettiva unilaterale e non corrisposta. Probabilmente, se vogliamo parlare di inclusione delle persone con disabilità, sarebbe auspicabile favorire, accanto ai percorsi legislativi come quello delineato nella proposta di legge per favorire l’assistenza sessuale, anche percorsi di educazione verso la non discriminazione anche sotto il profilo affettivo”.