La retta per il soggiorno all’interno di una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) deve essere ripartita in spese sanitarie riconosciute dal Servizio Sanitario nazionale tramite le Asl di appartenenza, e in spese assistenziali e di servizi quotidiani che vengono invece assimilate nella cosiddetta quota sociale a carico dell’utente. Ma dal momento in cui le spese per il soggiorno in una RSA si compongono di più parti, come si fa a capire quanto deve versare la persona ricoverata?
Secondo quanto stabiliscono le norme, le spese delle prestazioni sanitarie vengono pagate alla struttura direttamente dal Servizio sanitario, mentre in carico all’utente rimangono tutte le altre spese relative al soggiorno nella RSA, e quindi le spese per il vitto, per la pulizia dei locali, per il servizio di lavanderia e così via. E fin qui la questione è piuttosto chiara.
Il dubbio sorge quando queste spese in carico all’utente non possono essere sostenute da lui a causa delle sue condizioni economiche svantaggiate. In questo caso a intervenire è il Comune di appartenenza, che interviene con un importo che varia in base all’indicatore Isee del cittadino.
In molti casi però i familiari vengono chiamati a sottoscrivere una sorta di promessa di pagamento che li impegnerà a saldare la retta di tasca loro qualora il loro parente anziano non dovesse essere in grado di provvedere con la sua pensione. La chiamata ai familiari non si verifica solo nel caso in cui ad essere ricoverato in Rsa sia un ultra 65enne non autosufficiente, o una persona con disabilità grave: in casi di questo genere spetta solo all’assistito pagare la retta e laddove non arriva l’assistito con il suo reddito, ad intervenire dovrà essere il Comune di appartenenza senza che questo possa in qualche modo rivalersi sui cosiddetti “obbligati”, ovvero sui parenti fino al quarto grado.
Inoltre se l’anziano ha una validità del 100% non c’è necessità che né lui né i familiari intervengano per il pagamento della retta: secondo i giudici, infatti, eventuali impegni di pagamento fatti sottoscrivere dai Comuni ai parenti dell’assistito devono ritenersi nulli in caso di invalidità al 100%, e quindi devono necessariamente dar luogo a procedure di rimborso rispetto a quanto versato dai familiari.
Salve,
ho una sorella disabile grave al 100%, io sono il suo tutore, lei da un pò di mesi risiede in una struttura apposita dove viene accudita e controllata.
Volevo avere delle informazioni riguardo il pagamento della retta che ci aspetta di pagare, so che il 50% lo paga l’ASL e il restante è suddiviso fra il beneficiario e il comune di residenza in base all’ISEE del solo beneficiario, cioè di mia sorella. l’ISEE non riesce a coprire tutta la quota rimanente (altro 50%) così il comune mette la parte mancante.
Volevo sapere se è vero che esiste una legge in cui c’è scritto che il disabile ha diritto ad una piccola percentuale che gli venga lasciata sul suo conto, cioè anche se risiede in una struttura apposita non può spendere tutta la sua pensione mensile per mantenersi, ma ha diritto che una piccola percentuale gli venga lasciata nel conto per spese extra personali che non passa ne la sanità ne la struttura.
Se potreste darmi delle informazioni in merito ve ne sarei molto grato.
buona giornata