La depressione è stata inserita all’interno delle tabelle ministeriali relative all’invalidità, pertanto, chi ne è affetto può avere diritto a dei giorni di malattia e ad alcune tutele.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione è un disturbo dell’umore che, nel nostro Paese, coinvolge più di 2 milioni di persone, un fenomeno sociale che desta molta preoccupazione al punto da essere diventata una malattia invalidante riconosciuta.
Chi soffre di depressione può lavorare
Iniziamo col dire che chi è depresso può lavorare ma, è molto probabile, che dovrà fare i conti con momenti di difficoltà di concentrazione e minore efficienza di produttività.
È possibile gestire la depressione per mantenerla a livelli che permettono di svolgere le normali attività lavorative, ma è anche possibile assentarsi dal lavoro con retribuzione se riconosciuta come malattia invalidante dal medico curante o dallo psichiatra.
Quindi, nel caso in cui si dovessero manifestare i primi sintomi della depressione, il medico può decidere se è necessario far assentare il paziente dal lavoro per un certo periodo, mettendolo in aspettativa per depressione invalidante, per il tempo necessario a curarsi. La durata massima di assenza per depressione invalidante dipende anche dal contratto di lavoro.
È fondamentale anche fare una distinzione tra depressione diagnostica e non, la prima da il diritto a periodi di malattia e, anche all’invalidità per alcuni casi, mentre con la depressione senza diagnosi si possono ottenere soltanto periodi di aspettativa non retribuita.
Depressione e percentuale di invalidità
La depressione è una malattia che permette di ottenere il riconoscimento di una percentuale di invalidità in base alla gravità della situazione.
Sono disponibili delle tabelle ministeriali che indicano i limiti minimi e massima o la percentuale d’invalidità fissa in base alla tipologia e gravità della malattia depressiva.
- Depressione endoreattiva lieve – Riconosciuto il 10% d’invalidità
- Depressione endoreattiva media – Riconosciuto il 25% d’invalidità
- Depressione endogena lieve – Riconosciuto il 30% d’invalidità
- Depressione endoreattiva grave – Riconosciuto il 31%-40% d’invalidità
- Depressione endogena media – Riconosciuto il 41%-50% d’invalidità
- Depressione endogena grave- Riconosciuto il 71%-80% d’invalidità
All’interno del documento INPS che trovi qui, si legge che la depressione maggiore moderata garantisce tra il 61% e l’80% d’invalidità, mentre la depressione maggiore grave fino al 100%. In entrambi i casi il paziente ha diritto a una pensione di invalidità per depressione.
Se la depressione non invalidante provoca handicap mentale, motorio e sensoriale talmente grave e da limitare o impedire le attività lavorative e l’integrazione personale e sociale, è possibile godere dei seguenti benefici:
- Possibilità di scegliere la sede del lavoro;
- Permessi retribuiti dal lavoro per 3 giorni al mese;
- Agevolazioni fiscali per acquisto apparecchiature informative e auto;
- Possibilità di rifiutare dei trasferimenti lavorativi;
- Detrazione spese mediche e di assistenza.
Pensione per depressione: quanto spetta al lavoratore?
In caso di depressione grave, che richiede assistenza quotidiana continua, il lavoratore ha diritto all’assegno di accompagnamento di 531,76 euro al mese, quindi, un totale di 6.381,12 euro all’anno. La domanda va presentata online sul sito dell’INPS accedendo con lo SPID, oppure, rivolgendosi a un patronato o a un’associazione di categoria come ANFASS, ENS, UIC e ANMIC, presentando tutta la documentazione necessaria ottenuta del medico curante e dall’ASL.