Dal punto di vista delle persone disabili che vivono nel Regno Unito, l’UE è da sempre un’organizzazione che promuove attivamente l’inclusione come priorità. Ora, con la Brexit imminente, c’è il rischio che il Paese torni all’età oscura dell’esclusione della disabilità.
Per capire le loro preoccupazioni, basta esaminare i fatti: il primo atto legislativo costituito dall’UE contro la discriminazione sulla disabilità è stata la Direttiva quadro per la parità di trattamento in materia di occupazione e impiego nel 2000, che si prefiggeva di proteggere i lavoratori contro la discriminazione per motivi di razza, orientamento sessuale, religione e, naturalmente, disabilità.
Questa direttiva costrinse la DDA (Disability Discrimination Act) del Regno Unito a modificare la sua legge arcaica in base alla quale le aziende con meno di 20 dipendenti erano protette se discriminavano per motivi di disabilità. Nel 2010, arrivò la meravigliosa strategia europea sulla disabilità, che mirava ad eliminare le barriere in tutta Europa, consentendo ai disabili il pieno diritto all’istruzione inclusiva, all’occupazione, alla salute e molto altro ancora.
Al momento, le persone con disabilità possono continuare a reclamare i loro benefici essenziali in tutto il SEE (Spazio economico europeo), come PIP e indennità di assistenza.
L’UE ha inoltre stabilito il diritto delle persone con disabilità di accedere ai viaggi aerei, che comprende l’assistenza per salire e scendere dagli stessi e la cura delle attrezzature, come le sedie a rotelle. Sebbene le prestazioni della maggior parte degli aeroporti del Regno Unito in quest’area rimangano piuttosto terribili e il loro atteggiamento spesso poco brillante, la legge è almeno ancora dalla loro parte.
Esiste poi il sistema creato dall’UE per le persone con complesse esigenze sanitarie, la tessera europea di assicurazione malattia, che può fornire cure mediche di emergenza all’estero, alla pari di quella disponibile per la gente del posto. Il fatto triste è che la paranoia britannica sulla salute del turista, unita alla Brexit, potrebbe significare la fine di questa e di altre pratiche inclusive. I giovani disabili potrebbero dover affrontare ostacoli finanziari quando viaggiano.
Vi sono stati anche ingenti investimenti da parte dell’UE, in particolare del Fondo sociale europeo, progettati per rendere la vita più facile in questa società ancora inaccessibile. Se tali finanziamenti e investimenti continueranno nel Regno Unito dopo la Brexit rimane un dubbio. Ma la spinta dell’UE a promuovere l’inclusione della disabilità non è stata solo sul fronte del finanziamento e del processo legislativo. La libertà di movimento ha anche assicurato che il sistema sanitario sia dotato dell’enorme forza lavoro di cui bambini e adulti disabili non possono fare a meno.
La fine della libertà di movimento potrebbe avere un impatto devastante sull’assistenza sociale. E’ stata prevista una carenza di 380.000 dipendenti nel settore in Inghilterra entro il 2026, a meno che i ruoli non possano essere ricoperti da persone provenienti dall’estero, uno scenario spaventoso per molti dipendenti che lavorano 24 ore su 24. La migrazione svolge un ruolo chiave in questo settore, che sta già cedendo sotto il peso dei fondi insufficienti e della carenza di personale.