Nel 2003, William Heidt divenne completamente cieco. I medici non gli diedero più nessuna speranza. Ma, come dice il proverbio, la speranza è l’ultima a morire. A distanza di quindici anni e dopo un’operazione durata cinque ore, Heidt si sedette su una sedia da dottore appartenente al Flaum Eye Institute dell’Università di Rochester e, dopo tutti quegli anni di attesa, vide la moglie Rebecca che si avvicinava a lui.
Anche se la cecità, causata da una retinite pigmentosa (malattia genetica rara e inguaribile che causa la perdita di cellule nella retina), non ha condizionato totalmente la sua vita, il pensiero di poter vedere di nuovo è un sogno che si avverato.
Ajay Kuriyan, specialista della retina presso il Flaum Eye Institute, ha parlato di questa terribile malattia: “La retinite pigmentosa è una degenerazione retinica ereditaria che colpisce essenzialmente i fotorecettori nello strato inferiore della retina. È una malattia progressiva che provoca, nel corso del tempo, una diminuzione della vista e della visione notturna”.
La tecnologia all’avanguardia, che ha ridato la vista ad Heidt, è stata progettata dalla Second Sight appositamente per chi soffre di questa malattia. Funziona convertendo le immagini catturate da una videocamera miniaturizzata montata sugli occhiali del paziente in una serie di piccoli impulsi elettrici, che vengono trasmessi in modalità wireless a una serie di elettrodi impiantati sulla superficie della retina.
Questi impulsi hanno lo scopo di stimolare le cellule della retina, dando una mano dal punto di vista della percezione dei modelli di luce nel cervello. Il paziente impara quindi a interpretare questi schemi, recuperando in tal modo alcune funzioni visive. “Essenzialmente”, ha spiegato Kuriyan, “abbiamo applicato un impianto sulla parete esterna dell’occhio e un altro sulla superficie della retina. Questi componenti comunicano in modalità wireless con gli occhiali e sul loro fianco c’è un piccolissimo computer che converte i segnali provenienti dalla fotocamera”.
Certamente la visione ripristinata dal dispositivo non è uguale a quella generata da una retina sana. Coloro che indossano il dispositivo non saranno in grado di vedere i dettagli, ma possono vedere il contrasto, come una porta o un piatto di colore chiaro su un tavolo, e riconoscere il movimento.
“I medici mi hanno spiegato che il dispositivo non sostituirà la mia vista visiva” ha detto Heidt. “Non mi aspettavo certo miracoli, ma per me già distinguere le ombre è una gran cosa”. Una volta che i medici hanno valutato l’uomo in grado di sottoporsi all’operazione, la stessa venne programmata qualche settimana prima delle sue nozze d’oro. Sperava di celebrarle vedendo di nuovo sua moglie.
Kuriyan ha aggiunto che “questo dispositivo cambierà la vita dei pazienti che sono quasi o completamente ciechi. Quando la visione è molto bassa, può causare isolamento perché la deambulazione è molto complicata. Il sistema è solo un punto di partenza, magari in futuro la tecnologia potrà restituire una vista completa”.