Permessi 104: chi controlla e quali sanzioni si applicano per chi ne abusa?

Come noto, i parenti di un disabile hanno il diritto di richiedere tre giorni lavorativi di permesso al mese per assistere la persona bisognosa, assentandosi dal posto di lavoro ma continuando ad essere pagati ugualmente.

Permessi 104: i beneficiari

L’articolo 3, comma 3, della legge 104/92 è molto chiaro in materia, poiché precisa che questi permessi non solo esistono, ma che possono essere richiesti dal genitore, dal coniuge, dal parente o da un affine entro il secondo grado o entro il terzo grado nel caso in cui i genitori o il coniuge del disabile siano impossibilitati a prendersi cura di lui. Se ad essere in possesso dell’attestazione di handicap dovesse essere il lavoratore stesso, invece, questo avrà il diritto di richiedere per sé un permesso di due ore al giorno o di tre giorni al mese.

Ma una sentenza piuttosto recente, data 23 settembre 2016, ha esteso il diritto di usufruire dei permessi 104 anche ai conviventi, infrangendo la barriera che discriminava fra persone sposate e persone conviventi.

Chi controlla?

Purtroppo non sono affatto rari i casi di persone che si approfittano indebitamente di queste agevolazioni, ma ci siamo mai chiesti chi è deputato a controllare che tutto fili liscio? In teoria sia il datore di lavoro che l’Inps possono mettere in atto tutti i controlli che ritengono necessari per accertarsi che i permessi 104 vengano esercitati con onestà.

Il datore di lavoro dunque è libero di incaricare altri dipendenti o di ingaggiare un professionista dell’investigazione per pedinare il lavoratore sospetto. E chi urla di diritto alla privacy viene immediatamente messo dalla parte del torto, perché in casi di questo genere il diritto del lavoratore o della persona passano in secondo piano rispetto alla tutela dell’azienda e della collettività stessa.

Abuso di permessi 104: le sanzioni

Quando si coglie in flagranza di reato un lavoratore che usa abusivamente i permessi da legge 104, ci sono tutte le condizioni per poter procedere con un licenziamento disciplinare per giusta causa. E il più delle volte è proprio questo che si verifica. Oltre a ciò, il lavoratore furbetto rischia anche di incorrere in una sanzione penale per aver indebitamente sottratto dei soldi allo Stato (visto che a pagargli i giorni in cui non ha lavorato è l’Inps): la pena prevista va da sei mesi a tre anni, ma se l’importo indebitamente percepito è pari o inferiore a 3.999,96 euro, è prevista la sola applicazione di una sanzione amministrativa.

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