Spesso e volentieri ci lamentiamo del nostro Paese perché non offre misure adeguate per l’inserimento sociale delle persone disabili, perché dà troppi pochi aiuti alle persone più deboli e perché non ha ancora mai varato un serio piano per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Ma per quanto tutti questi aspetti di denuncia siano fondati e abbiano una grande urgenza di essere presi in considerazione, bisogna anche dire che a volte non è che l’estero sia molto migliore di noi.
A raccontarcelo sono un gruppo di turisti italiani (18 persone, 3 delle quali costrette su una sedia manuale con ausilio di locomozione elettrico removibile, una su sedia a motore elettrico, una su sedia a rotelle a spinta manuale e altre due su uno scooter elettrico). Questo gruppo di turisti si è recato a visitare il Rijkmuseum di Amsterdam, ma non appena hanno provato ad entrare si sono ritrovati con le porte chiuse in faccia.
Il leader del gruppo di viaggio Emanuele Piunti, racconta infatti che “non appena siamo entrati una guardia di sicurezza ci ha detto che le sedie a spinta elettrica e gli scooter non erano ammessi all’interno del museo”. Dopo un po’ di discussione, alla fine il responsabile ha lasciato che la parte del gruppo ammessa passasse tranquillamente e che i restanti venissero trasferiti su sedie manuali messe a disposizione dal museo (quelle sì permesse). “A quel punto abbiamo accettato la proposta con la speranza di poter continuare la visita – prosegue Piunti – ma il problema era che tutta l’attrezzatura lasciata fuori dal museo e dal valore di 20 mila euro circa, se ne doveva stare incustodita su una strada pubblica e senza alcuna sorveglianza”.
Proprio per questo motivo il gruppo di turisti italiani si è visto costretto a rinunciare alla visita, perché di fatto non si poteva correre il rischio di lasciare in mezzo alla strada carrozzine, scooter e attrezzatura. Arresosi, Piunti si è accontentato di scattare giusto qualche foto prima di andarsene, e anche a quel punto la guardia si è messa di traverso: “Sono stato avvicinato dalla guardia che mi ha intimato a cancellare quelle foto. Ho risposto che dovevano chiamare la polizia se volevano che lo facessi”. E noi quella foto l’abbiamo orgogliosamente pubblicata (in copertina).