Non vedenti e ipovedenti: le differenze

Si fa spesso confusione tra non vedenti e ipovedenti e le differenze non sono spesso chiare, anzi, il più delle volte si tende a confondere o equiparare queste due condizioni.

non vedenti ipovisione

Entrambe sono delle disabilità visive che impattano sulla qualità della vita della persona, perché comportano delle ricadute sulle capacità di compiere autonomamente le attività, a causa della mancata funzione di guida e controllo della vista.

La differenza tra non vedente o ipovedente

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) prende in considerazione due fattori per stabilire e definire il grado di visibilità visiva:

  • Ampiezza del campo visivo: la scena visibile quando il soggetto guarda un punto fisso davanti a sé;
  • Acuità visiva: capacità di distinguere le forme a una determinata distanza e percepire nitidamente immagini e dettagli.

Queste alterazioni possono interessare un solo occhio o entrambi. Specifichiamo che in un soggetto con nessun deficit della vista, il campo visivo copre l’ampiezza di 120° sul piano verticale e 180° sul piano orizzontale.

In campo medico, essere ipovedenti vuol dire avere un deficit dell’acuità visiva provocata da fattori congeniti o acquisiti, inoltre, può anche esserci una riduzione della percezione del campo visivo.

La persona non vedente, invece, può essere completamente o parzialmente cieca, in base alla gravità della condizione.

Le cause della disabilità visiva

Le disabilità visive possono essere presenti fin dalla nascita (congenite), con forme genetiche o ereditarie, oppure, acquisite, legate a delle specifiche condizioni che sono comparse nel corso della vita.

Durante l’età evolutiva è possibile distinguere le cause a seconda del motivo che determina il deficit, ad esempio:

  • Periodo intrauterino: infezioni materne, traumi, patologie metaboliche ed endocrinologhe, abuso di sostanze, radiazioni;
  • Periodo perinatale: traumi, infezioni del canale del parto, ipossia o prematurità;
  • Concepimento: fattori genetici dovuti ad alterazioni cromosomiche.
  • Infanzia: traumi, patologie autoimmunitarie o infiammatorie e infezioni.

Tra le patologie che aumentano il rischio di ipovisione e cecità ci sono: diabete, albinismo, cataratta, glaucoma, anomalie della cornea, distacco della retina, toxoplasmosi, tumore al cervello.

Tipologia di ipovisione

Col termine “iposivione” si fa riferimento a un deficit di acuità visiva, provocata da lesioni anatomo-funzionali dell’apparato visivo. Esistono diversi gradi di ipovisione secondo la Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici, classificati come segue:

  • Ipovisione grave: residuo visivo ≤ 1/10 o residuo perimetrico binoculare < 30%.
  • Ipovisione medio-grave: residuo visivo ≤ 2/10 o residuo perimetrico binoculare < 50%.
  • Ipovisione lieve: residuo visivo ≤ 3/10 o residuo perimetrico binoculare < 60%.

Un certo grado di ipovisione risulta fisiologico nelle persone anziani perché è provocato dalla degenerazione dovuta all’avanzamento dell’età.

L’ipovisione viene poi classificata anche in base alla patologia a monte come centrale o periferica.

L’ipovisione centrale è causata da problemi della macula, la cui lesione colpisce soprattutto l’acuità visiva, provocando difficoltà visiva in attività che richiedono maggiore risoluzione sui dettagli, come la lettura.

L’iposivione periferica si verifica quando la retina viene compressa e il paziente ha difficoltà visive soprattutto nella parte più laterale. Viene alterato il campo visivo che incide negativamente sulle attività di orientamento e mobilità di un oggetto.

La persona non vedente

Una persona viene definita non vedente o cieca in base a dei criteri che stabiliscono il quadro della cecità che può essere:

  • Cecità totale: assenza completa di vista o percezione limitata a ombra, luce, o moto della mano, oppure residuo perimetrico binoculare < 3%.
  • Cecità parziale: residuo visivo < 1/20 o residuo perimetrico binoculare < 10%, anche con correzione.

La cecità si definisce quando il residuo visivo è ≤ 1/20 o il campo visivo binoculare è < 10% e le principali cause sono la cataratta e il glaucoma.

Come si diagnostica la disabilità visiva

La diagnosi richiede l’intervento di un’oculista che tramite una visita completa può indagare sull’acuità visiva, da vicino e da lontano, e sul campo visivo. Tramite gli esami obiettivi è possibile determinare la presenza di un deficit e la sua gravità.

Il soggetto interessato può anche essere sottoposto ad altri esami strumentali come la risonanza magnetica o i potenziali evocati visivi (PEV) per avere maggiori informazioni sul quadro della situazione.

 

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