L’ansia è una componente naturale dell’essere umano, si tratta di un complesso di reazioni emotive, cognitive, fisiologiche e comportamentali che attivano la persona e le permettono di agire.
Di per sé non è un qualcosa di negativo, ma lo diventa se è eccessiva e invalidante, se suscita sentimenti di paura e limita la qualità della vita dell’individuo. È positiva, invece, se diventa motivo di miglioramento delle prestazioni in ambito lavorativo, accademico e sportivo.
Pensare di vivere senza qualche componente ansiosa è quindi impensabile, ma come distinguere l’ansia invalidante da una reazione naturale e positiva a uno stimolo (ansia funzionale)?
Come riconoscere l’ansia disfunzionale
Il nostro organismo è formato da sistemi di autoregolazione che ci proteggono dai pericoli incombenti. L’ansia disfunzionale e invalidante è considerata tale quando, in assenza di uno stimolo reale, la persona non riesce a gestirla.
Si tratta di un livello di ansia sproporzionato rispetto al reale rischio e pericolo a cui l’individuo è sottoposto e, se dura anche in assenza, si può parlare di una reazione non funzionale.
Questo tipo di ansia compromette la qualità della vita della persona che ne soffre, limita le relazioni con le altre persone e con l’ambiente che lo circonda.
Sintomi dell’ansia invalidante
L’ansia disfunzionale si manifesta con una serie di sintomi fisici e psicologici, in particolare:
- Palpitazioni e battito cardiaco accelerato;
- Tremori e sudorazioni;
- Formicolio e intorpidimento;
- Sensazione di soffocamento, nausea e dolori addominali;
- Tensioni muscolari;
- Paura di perdere il controllo;
- Paura di morire;
- Paura di uscire di casa;
- Difficoltà di concentrazione;
- Insonnia, disturbi del sonno;
- Irritabilità, tensione costante, apatia;
- Perdita di interesse verso l’esterno;
- Tendenza ad arrossire.
Questa sintomatologia compromette negativamente la capacità di azione dell’individuo che si ritrova bloccato dalle sensazioni negative e dalla paura.
Cosa fare se l’ansia è invalidante
Chi soffre di ansia eccessiva tende a cercare delle strategie per abbassare il livello ma, spesso, con scarsi risultati. L’unica cosa da fare è quella di chiedere supporto psicologico e farsi aiutare da uno specialista.
Gli approcci per gestire l’ansia sono molteplici, uno dei più efficaci è la terapia strategica breve che in poche sedute riesce a migliorare la qualità della vita del paziente. Funziona soprattutto nelle condizioni in cui l’ansia è trasversale, ovvero, dovuta a un’altra condizione sottostante tra cui depressione, disturbo post traumatico da stress, disturbo ossessivo-compulsivo, fobie, ipocondria e attacchi di panico.
Anche la terapia cognitivo-comportamentale è spesso molto utile per identificare e modificare i pensieri disfunzionali che alimentano l’ansia. A livello medico, uno specialista può anche valutare l’uso di farmaci ansiolitici o antidepressivi, che possono alleviare i sintomi più gravi. Parallelamente, sono molto utili tecniche di rilassamento come la meditazione, la respirazione profonda e lo yoga, che aiutano a ridurre la tensione fisica e mentale.
Chi soffre d’ansia ha diritto all’invalidità?
In Italia, i disturbi d’ansia possono dare diritto al riconoscimento di una percentuale di invalidità civile, a seconda della gravità e dell’impatto sulla vita quotidiana e lavorativa dell’individuo.
L’INPS prevede specifiche percentuali di invalidità per diverse condizioni psichiche, ad esempio, per la nevrosi ansiosa viene riconosciuto il 15% di invalidità. Qui trovi le linee guida dell’INPS per accertare gli stati invalidanti.
Inoltre, la percentuale d’invalidità al di sotto del 33% non da diritto a benefici economici o assistenziali. Ma se il disturbo d’ansia compromette significativamente la capacità lavorativa (disabilità lavorativa) o la vita sociale, è possibile richiedere il riconoscimento dell’handicap ai sensi della Legge 104/1992, che può offrire ulteriori tutele e agevolazioni.