In una lettera congiunta Anffas, Agespi, Anaste, ANSDIPP, ARIS, Uneba hanno chiesto al governo sostegno economico e investimenti per salvare le strutture residenziali per persone non autosufficienti e persone con disabilità utilizzando le risorse sanitarie previste nel Recovery Fund.
I destinatari della missiva sono il Parlamento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Regioni e della Conferenza Unificata ed ANCI.
Nella lettera è contenuto un documento in cui vengono elencate tutte le criticità in essere di queste strutture residenziali. Le associazioni sono preoccupate che l’attuale situazione sanitaria possa far nascere un problema sociale di estrema gravità che andrebbe a colpire centinaia di migliaia di persone disabili e anziani non autosufficienti. Le strutture hanno urgentemente bisogno di interventi di sistema in modo da garantire a queste persone la prosecuzione della loro vita con gli giusti livelli di attenzione e dignità.
Le criticità esposte nel documento sono di natura organizzativa e gestionale, rese ancora più evidenti dall’emergenza COVID-19. La qualità dei servizi erogati a favore di disabili e anziani non autosufficienti è decaduta, così come la continuità degli stessi. In questa situazione rientrano anche gli attuali livelli occupazionali, che rischiano il depauperamento a causa della scarsità delle risorse economiche disponibili.
In un passo della lettera si legge che “la prolungata situazione sta erodendo i livelli economici e, di conseguenza, la disponibilità di operatori è venuta meno, cosa che va ad incidere sulla qualità dell’assistenza e, ancora più grave, sulle vite delle persone che beneficiano dei servizi, le quali per mesi si sono trovati in un contesto privo di relazioni sociali con familiari e conoscenti, nonché con il mondo esterno”.
Durante il lockdown primaverile, molti servizi residenziali a supporto delle persone con disabilità e gli anziani non autosufficienti sono stati messi a dura prova a causa dei mancati raccordi con gli Enti Pubblici chiamati a supportare la salute dei cittadini. Le strutture si sono ritrovate completamente isolate e il rischio è che tale situazioni continui a essere presente senza gli adeguati investimenti volti alla cura delle persone assistite, del miglioramento degli standard di assistenza e di cura. Ma l’intervento più immediato sarebbe di tipo preventivo, ossia evitare che all’interno di tali strutture si diffonda il COVID-19.
Ad agosto, le associazioni avevano già evidenziato tutte le criticità che si erano verificate durante i mesi di emergenza sanitaria, esponendo anche le soluzioni utili per risolvere omogeneamente le varie problematiche su tutto il territorio nazionale. Sottoposto all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Conferenza Unificata, evidentemente le richieste avanzate sono cadute nel dimenticatoio.